Lawrence Carroll (1954-2019)
"Non vi sono eroi, o tristezze opprimenti, solo immagini domestiche della vita quotidiana. Credo che per questo mi coinvolga così tanto. Non interessano i grandi drammi, ma la vita della moltitudine che scompare senza lasciare traccia, ma vive". Giuseppe Panza di Biumo
Nato nel 1954 a Melbourne, da padre australiano e madre irlandese, nel 1958 emigra con la famiglia in California, prima a Santa Monica e nel 1960 a Newbury Park. Studia al Moorpark Junior College, in California, dal 1976 al 1980 all'Art Center College of Design a Pasadena e nel 1980 all'Otis Art Institute di Los Angeles. Lavora come illustratore per riviste e giornali, tra cui il New York Times e The Village Voice; nel 1984 si trasferisce a New York e, dal 2004, prima a Venezia e poi nei pressi del Lago di Bolsena. Muore a Colonia nel 2019.
La sensibilità strettamente legata a storie di umanità caratterizza il corpus di lavori di Lawrence Carroll. L’artista crea quadri-oggetto - strutture cave, cataste di tele, assemblaggi - ripiegati, impilati, ricomposti, sbrecciati e ricuciti, collocati a parete o stesi al suolo in una tensione tra scultura, pittura e installazione. A definire il linguaggio e le forme della pratica artistica di Carroll sono le ‘inserzioni’ e le ‘sovrapposizioni’ di elementi tridimensionali e bidimensionali, i ‘bianchi sporchi’, fino ai ‘tagli’ che la cera come un unguento medica e rimargina.
Ex Natura presenta Untitled Verona, 2001, una tela su legno trattata con olio e cera e ricoperta con edera di plastica, donata dall’artista al collezionista nello stesso anno della sua realizzazione. Definita da Carroll floor piece, questo lavoro, allestito secondo le indicazioni dell’artista, induce ad un movimento attorno, ad un’osservazione da diversi punti di vista. Si tratta dell’inserzione di un elemento vegetale: l’edera è una pianta rampicante che si aggrappa, si radica e cresce spontaneamente, in passato anche impiegata per usi officinali. Molto diffusa in natura allude a un mondo ordinario, ma al contempo, difficile da estirpare, evoca forza, tenacia ed è simbolo di fedeltà, di profondi legami di vita. L’inserimento della lampadina illumina e risveglia una porzione della composizione, ma al tempo stesso ne lascia in ombra un’altra, includendo nella superficie dell’opera possibilità opposte. Accesa o spenta l’artista descrive il cambiamento in fieri, nel fluire del tempo